“Cucina di principi e di popolo” come il fortunato e calzante titolo della pubblicazione di Renzo Dall’ara dedicata, appunto, alla cucina mantovana. Cucina raffinata, come si confà a una corte importante come quella gonzaghesca, ma anche “popolare”, in grado, cioè, di trasformare tutto in qualcosa di commestibile. E se la ricerca dei cuochi di corte va verso la raffinatezza, ma siamo comunque in presenza dell’abbondanza, quella del popolo e tutta rivolta a recuperare qualsiasi cosa per trasferirla nel piatto: fatica grande e grande impegno, anche di fantasia, per dare sapore anche quel che ne ha poco. Erbe selvatiche (radicchio di campo, ortica, borragine, “luartis”, erbe amare, ecc.) ma anche cipolla carota e zucca diventano ingredienti per la preparazione di piatti che la moderna ristorazione va sempre più riscoprendo. Troviamo così gnocchi all’ortica, frittata coi “luartis”, crespelle alla borragine, ma i tortelli di zucca sono diventati il piatto principe della tradizione. E poi il sempiterno maiale con tutte le sue varianti: insaccati e arrosti ma anche quella prelibatezza popolare che si chiama “polenta e gras pistà”. Come ora non segnalare gli “agnolini”, che pure rappresentano un’eccellenza culinaria, e si caratterizzano e si diversificano rispetto alle province limitrofe. La cucina mantovana, dunque, può vantare una lunghissima tradizione e ha un posto d’onore nella cucina lombarda e nazionale, come del resto testimoniano i molti ristoranti presenti nelle più prestigiose guide gastronomiche, anche in posizione di grande rilievo.