Menzogne e sortilegi della Bellonci: `Segreti dei Gonzaga` e `Rinascimento privato`

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MANTOVA

Citta

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Indirizzo

http://www.fondazionebellonci.it/

SitoWeb

Descrizione

Il palazzo quadro del Te, dove Giulio Romano sembra aver voluto cogliere in un disegno architettonico il segreto della gente di pianura, in colloquio costante con la terra, appare di lontano come un edificio basso, quasi piatto a confronto degli altissimi tigli che lo circondano; ma prende rilievo a mano a mano che ci si avvicina per levarsi poi in un completo paesaggio fantastico non appena si inizia il viaggio tra le sue mura.
(…) il teatrale orrore della sala dei Giganti. Qui, certo, Leonora fu condotta – era la meraviglia del luogo – e le fu fatto ascoltare, forse da Vincenzo stesso, come la voce di uno che parli pianissimo stando in un angolo della sala, arrivi all’angolo opposto, resuscitata da sotterra con una vibrazione soffocata: e davvero qualche cosa di noi per un breve momento è calato agl’inferi e ci ritorna gridando al soccorso.
(Segreti dei Gonzaga, Mondadori 1947, pagg. 110-111)

Se si dovesse nominare un unico scrittore non mantovano, ma legato a doppio filo a Mantova e alla sua storia, quello scrittore sarebbe Maria Bellonci. Ancora qualcuno la ricorda, quando passava giornate intere all’Archivio di Stato cittadino, scartabellando tra i polverosi carteggi dei Gonzaga, assistita da una dama di compagnia.
Nata Maria Villavecchia, romana, moglie di Goffredo Bellonci, inventrice con Guido Alberti del Premio Strega, la Bellonci (1902-1986) fu romanziera e traduttrice.
Definizione riduttiva e in un certo senso ingiusta, quella di romanziera: perché le sue opere su Marco Polo, Vincenzo I Gonzaga, Isabella d’Este o altri personaggi reali nascono da un’immaginazione vivacissima mai disgiunta da una documentazione critica scrupolosa, precisissima, impeccabile. Basti vedere l’appendice documentaria al suo Lucrezia Borgia. Ancor più apprezzabile, in una romanziera che deve continuamente confrontarsi con i limiti della realtà e della storia, è l’umanità, la delicatezza, con cui riesce a trattare protagonisti e comprimari, siano essi principi o sudditi, uomini o donne, di ogni età, carattere e situazione.

La sua Isabella d’Este, ad esempio, - lucida, ambiziosa, incoerente, vanitosa, passionale - tutto è tranne che idealizzata:
Giudicavo bizzarra, ma era di tutti i Gonzaga, la predilezione di Federico per i nostri laghi: da vero mantovano il suo svago preferito era salire su una barca lacustre e infiascarsi negli stretti passaggi fra gli isolotti coperti dal verde sfrangiato dei canneti; e lo attraeva navigare negli ampi specchi del lago superiore popolati di uccelli acquatici dalle modulazioni elegiache o dalle patetiche grida.
Per me questi luoghi celavano una magia occulta che poteva inquietare o rasserenare; ma soprattutto mi riportavano la leggenda della bianca statua di Virgilio annegata nel lago dal governatore bigotto che sospettava il popolo mantovano di idolatria.
(Rinascimento privato, Mondadori 1985, pagg. 228-229)

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2000-01-01 00:00:00

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