Torre della Gabbia

Fortificazioni

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Fortificazioni

Tipologia

MANTOVA

Citta

Via Cavour, 98

Indirizzo

Descrizione

La Torre della Gabbia, coi suoi 55 metri di altezza, svetta nel panorama mantovano. Il leggero senso di vertigine è, dalla sua sommità, bilanciato dall’immensità dell’orizzonte su cui si compiace lo sguardo mentre la città che giace ai suoi piedi si esalta della sua antica e duratura bellezza.
Come avrebbe voluto fare anticamente Pinamonte Bonaccolsi, Mantova, da qui sembra potersi stringere in una mano: siamo nel più intrigante belvedere cittadino, un belvedere che oggi appartiene al Comune di Mantova che però non ha ancora realizzato, ahinoi, un sistema per aprire a tutti i cittadini uno spazio che inneggia all’infinito.
La torre che solletica le nuvole fu costruita più di otto secoli addietro. Apparteneva alla famiglia degli Acerbi e fu venduta, nel 1281, dai fratelli Monzono, Antonio, Acerbino e Montino, appunto, a Pinamonte Bonacolsi. Da qua sopra la dimora sottostante mostra ancora parte dell’originaria organizzazione con ciò che rimane del vetusto palazzo merlato, la parte più antica della dimora dei Bonacolsi i quali, a partire dal 1281, si resero protagonisti della riorganizzazione dell’imponente palazzo circostante, rappresentativo della signoria acquisita dal proprio consorzio familiare. Cominciarono inoltre a progettare, a partire dalla nostra torre e dal complesso palaziale di riferimento, un sistema difensivo imperniato su altre due torri gentilizie situate a poca distanza l'una dall'altra e collegate tra loro da una serie di passaggi di tipo “impalcato militare” (Torre degli Zuccaro e Torre dei Bonacolsi). Tutto ciò corrispondeva perfettamente all'idea del tiranno di voler egli signoreggiare tutta la città vecchia e tenere in soggezione il Libero Comune.
Con la cacciata dei Bonacolsi (1328) lo stabile fu trascurato per parecchio tempo finché conobbe una novella stagione d’ingenti interventi, sia negli interni che nella ridefinizione della facciata rivolta verso Via Cavour, quando, nei primissimi anni del Cinquecento, parte di quel complesso, quello ricomprendente la torre della Gabbia, pervenne alla famiglia Guerrieri.
Ma bando alle chiacchiere, tutti voi vi starete chiedendo qualche notizia più precisa sulla gabbia e sull’intitolazione della torre. La Torre è conosciuta in realtà con un nome che non le appartenne se non a partire dal Cinquecento, quando l’imponente parallelepipedo di rosseggianti mattoni fu trasformato in prigione. Fu solo all'epoca del duca Guglielmo Gonzaga che si immurò quel lugubre arnese di tortura, e ne abbiamo una prova in vari documenti del 1576, i quali ci mostrano come, in quest'anno, un famoso borsaiolo, un tal Marchino Ziganti era stato tenuto per oltre tre mesi racchiuso in quella Gabbia.
Possiamo immaginare la triste fine del malfattore. Ma accanto alla torre trasformata in luogo di detenzione e di pena, vale la pena rammentare  come l’antico edificio avesse rinnovato i propri fasti
proprio nel Cinquecento. Con i Guerrieri Gonzaga la casa posta nell’odierna via Cavour ritrovò nuovi committenti in grado di aggiornarla secondo i canoni stilistici del tempo. A quel periodo appartiene l’odierna facciata, scandita da  preziose lesene marmoree: sulla superficie del paramento murario affiorano tracce di una decorazione mantegnesca, con la variante decorativa dei poligoni allacciati. In alto si staglia l’elegante fregio con putti e tritoni. La facciata dunque ben s’inserisce nell’aura dell’età isabelliana per i ricordi umanistici ed architettonici che sa evocare.
Rammento infine che, non molti anni fa, nel corso di lavori di restauro in una sala adiacente alla torre della Gabbia, è stata portata alla luce una lapide, datata 1760, in cui si ricorda che Federico II Gonzaga, il venti gennaio del 1526, aveva definitivamente concesso a Ludovico Guerrieri la torre e il palazzo - situato sotto - insieme con l’arco collegato.

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