Sala di Diana : Nel riquadro della volta si trovano tracce di un dipinto raffigurante Diana e Edizione, da cui il nome della sala. Il resto della decorazione è a “grottesche”. Nelle lunette sono dipinte scene venatorie che si alternano ad immagini di divinità olimpiche. Tutte le decorazioni, anche le grottesche, sono riferibili al mantovano Giulio Rubone, un epigono di Giulio Romano.
Camerino dei Dardi: È il vestibolo della Sala del Duca d’Alba o Sala d’Oro. Al Centro del soffitto ligneo dorato si trova lo stemma ducale contornato dal collare del Toson d’Oro. Ai lati del Toson d’Oro è collocata l’impresa araldica del fulmine alato. Nel Cinquecento la piccola stanza era munita di un camino sopra il quale era collocato un tondo marmoreo antico con l’effige di Augusto.
Sala del Duca d’Alba o Sala d’Oro: Un tempo dedicata a Ferdinando Alavarez de Toledo Duca D’Alba, ospita ancora un imponente camino in marmo rosa di Verona sostenuto da leoni. L’architrave reca l’iscrizione ducale “VESP. D. G. DUX SABLON. I.”. Nella nicchia sopra la cappa era posto un busto in bronzo col ritratto del duca d’Alba, fuso dall’aretino Leone Leoni. Il soffitto ligneo dorato è composto da cassettoni lavorati ed intagliati. La porta murata della parete breve un tempo conduceva nel Salone dei Cavalli, l’ambiente più vasto del palazzo, distrutto da un incendio agli inizi dell’Ottocento in cui si trovavano le dieci statue equestri della Cavalcata, parte delle quali sono oggi conservate nella Sala delle Aquile al piano nobile del palazzo.
Sala delle Aquile: La vasta sala ospita oggi ciò che rimane della Cavalcata, la serie di statue equestri lignee scolpite nel 1587 da un artista veneto per celebrare le virtù militari della stirpe Gonzaga. Le dieci statue in origine erano collocate nel Salone dei Cavalli, un vasto ambiente posto nel retro del palazzo, distrutto da un violento incendio agli inizi dell’Ottocento. Le fiamme distrussero completamente alcune statue e ne danneggiarono seriamente altre. Al centro della sala la statua del Duca Vespasiano Gonzaga Colonna in armatura da parata ed il collare dell’ordine cavalleresco del Toson d’Oro. A lato il padre Luigi detto Rodomonte, il bisnonno Gian Francesco, primo signore del feudo di Sabbioneta e Ludovico, terzo capitano del popolo, appartenente alla linea principale dei Gonzaga di Mantova. In fondo alla sala sono posti i cinque busti che furono recuperati dalle statue danneggiate dall’incendio. Il perimetro della sala è interamente percorso da un fregio affrescato con grandi aquile che reggono festoni di fiori e frutta, mentre dal loro collo pendono blasoni con gli stemmi della famiglia Gonzaga. In epoca napoleonica gli stemmi furono cancellati e sostituiti da lettere capitali che compongono la scritta “VIVA LA REPVBLICA”.
Sala degli Imperatori: È il più importante ambiente di palazzo. Il prezioso soffitto diviso in nove lacunari fu scolpito nel 1561 e fu dipinto e dorato l’anno seguente. Nei quattro grandi cassettoni d’angolo sono fissati altrettanti stemmi lignei: lo stemma inquartato Gonzaga-Colonna, e quello della famiglia spagnola Aragona, la casata della seconda moglie del principe. Al centro li riassume un unico blasone che si conviene Gonzaga-Colonna-Aragona. Nel fregio dipinto con motivi vegetali si trovano vasi e anfore, intervallati da mensole sulle quali, fino al 1773, poggiavano busti marmorei di imperatori. Nei dodici riquadri che intervallano le mensole erano invece collocati altrettanti ritratti di imperatori romani realizzati da Bernardino Campi sui celebri modelli di Tiziano, conservati allora nel Camerino dei Cesari del Palazzo Ducale di Mantova. Gli otto busti antichi e i dodici ritratti sono ora a Mantova, in parte nella reggia gonzaghesca. Le pareti in tempo erano rivestite da pannelli in cuoio di foggia spagnoleggiante.
Galleria degli Antenati: Secondo il gusto antico di porre i ritratti degli avi nell’atrium della domus, Vespasiano fece disporre in questo luogo i ritratti a bassorilievo dei suoi antenati. La teoria di celebri personaggi inizia con Luigi Corradi da Gonzaga (dalla finestra, il primo nella parete lunga di destra), colui che il 16 agosto 1328 assunse il potere a Mantova iniziando il dominio della famiglia sulla città virgiliana, e si conclude con i ritratti del medesimo Vespasiano (dalla finestra, il primo nella parete lunga di sinistra), della seconda moglie Anna d’Aragona e del figlio maschio Luigi (ai lati della finestra, nella parete piccola), raffigurato ancora bambino. Sopra la finestra si trova la scritta in capitali dorate “VESP. GONZ. COL. GENTILIBVS SVIS” (Vespasiano Gonzaga Colonna con i suoi antenati). La volta è decorata a grottesche mentre un elaborato cordone a stucco la divide in diversi riquadri. In quello centrale è Fetente dipinto sul carro del sole, mentre i due ovali delle estremità ritraggono Mercurio e Marte. Pregevoli sono i sei paesaggi fiamminghi posti alla base della stessa volta.
Sala degli Elefanti: Vasto ambiente antistante la piazza probabilmente adibito ai più importanti dibattimenti civili e penali, esso presenta un importante fregio che raffigura una curiosa teoria di elefanti. Il collo di ogni animale è cinto da una catena che viene trattenuta da un braccio umano, simbolo della ragione che tiene a freno le forze della natura per ricostruire l’ordine garantito della giustizia. Al centro del fregio, nella parete corta verso la piazza, si trova l’allegoria della Giustizia, una figura femminile assisa con spada e bilancia. Nella trabeazione dipintasopra la finestra si legge il motto graziano “VI SVPERVM” (per la forza degli dei). Alle pareti un tempo erano posti i ritratti di alcuni dogi veneziani, dell’imperatore Carlo V e di Isabella Gonzaga Carafa, figlia ed erede di Vespasiano.
Sala delle città marinare: Alle pareti lunghe si scorgono le tracce di due affreschi che imitano arazzi con vedute di città. Oggi sono visibili solo due riquadri con le vedute di Genova a sinistra e Costantinopoli a destra. Nel 1561 la sala era parte di un corridoio, la Galleria delle città, lunga circa 24 metri che comprendeva gli ambienti successivi e percorreva due lati del cortile interno. Costituiva dunque una preliminare galleria nella quale Vespasiano Gonzaga aveva fatto sistemare provvisoriamente il corpus della sua collezione di pezzi archeologici, nell’attesa di far edificare il lungo corridore nella piazza del Castello. Negli anni ottanta del cinquecento la Galleria delle Città fu tramezzata e furono ricavati nuovi ambienti con gli elaborati soffitti in cedro.
Sala degli ottagoni: Sala che deve il suo nome alla forma ottagonale dei lacunari che formano il pregiato soffitto ligneo, essa richiama l’attenzione anche per le preziose pigne aperte che pendono verso l’osservatore. Questo ambiente ospitava la Libreria grande del duca, una raccolta di manoscritti e libri a stampa, soprattutto trattati di archittettura militare, geometria e matematica. Dopo la morte del duca la biblioteca fu trasferita in un salone d’angolo del convento dei Servi di Maria e lì rimase fino al momento delle soppressioni napoleoniche, Oggi la biblioteca è dispersa.