Duemila anni di storia mantovana:
opere singole (o raggruppate in nuclei limitati) di pittura e scultura, ordinate cronologicamente come filo conduttore per seguire i due millenni della presenza cristiana a Mantova e in particolare i dodici secoli di vita della diocesi.
La serie parte dalla testa muliebre romana rinvenuta sul campanile della cattedrale, passa attraverso sculture di età longobarda, carolingia, romanica e gotica, per trovare un momento “alto” nelle sinopie e negli affreschi dall’albertiana basilica di Sant’Andrea, contrassegnati dai nomi illustri di Mantegna e Correggio; prosegue quindi con la stagione di Giulio Romano, un capolavoro di Domenico Fetti e altri dipinti seicenteschi e settecenteschi, per giungere, con i ritratti dei vescovi, ai giorni nostri. Al di là della specifica rilevanza religiosa, è da notare in questa rassegna un aspetto senza riscontro negli altri monumenti mantovani: il puntuale richiamo alle vicende storiche e culturali della città e del suo territorio. In tale percorso si inseriscono idealmente più o meno ampie parentesi, che dilatano la considerazione di specifici momenti.
La collezione degli avori:
l'ampia esemplificazione esposta al museo, di un'arte raffinata quale quella dell'intaglio in avorio comprende tre cofanetti d'ambito islamico (XII-XIII secolo) provenienti dalla Cattedrale. Da privati invece tutti gli altri, opere di età gotica e rinascimentale.
Gli smalti di Limoges:
la serie degli smalti, munifico dono di un collezionista mantovano, comprende opere devozionali e oggetti d'uso, eseguiti secondo le varie tecniche adottate a Limoges lungo i secoli dal XII al XX. Il gruppo al centro della sala ricompone la pala d'altare eseguita per il re di Francia Francesco I di Valois che vi è ritratto insieme con la sposa Claudia d'Orleans.
Arredi sacri:
reliquiari, ostensori, calici, pissidi e croci astili compongono questa sezione: un cospicuo numero di preziose oreficerie, in argento oro e pietre preziose, databili dal Medio Evo all'Ottocento. Tra essi, di particolare rilevanza appaiono il gruppo delle croci processionali, arricchite di nielli, smalti e figure a rilievo; le croci pettorali donate dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria ai canonici della cattedrale e della basilica palatina; gli anelli episcopali. Completano la sezione antichi mobili di pregio.
I tesori dei Gonzaga:
annoverano quasi tutta l’oreficeria superstite, salvatasi perché da loro donata alla cattedrale o alla basilica palatina di Santa Barbara; sono opere dai signori commissionate o comunque possedute, sacre e profane, spesso arricchite di pietre preziose, in ogni caso di stupefacente bellezza. Tra di esse: la citata Madonna col Bambino, una stauroteca con smalti bizantini del X secolo, un cofanetto parigino del primo Cinquecento in madreperla e gemme, una coppa a forma di aquilegia, la grande urna in ebano oro e quarzo, un pendente in oro e diamanti con il monogramma del Nome di Gesù, il fastoso reliquiario barocco di Sant’Adriano. La sala accoglie anche il prezioso Messale di Barbara di Brandeburgo, capolavoro della miniatura del XV secolo.
Le famose armature:
il nucleo più importante al mondo delle armature italiane Quattrocentesche, già doni votivi al Santuario della Beata Vergine delle Grazie. Le armature intere sono accompagnate da preziosi pezzi sciolti, spade, per ricreare in certo modo l’ambiente dell’armeria gonzaghesca donde il tutto sembra provenga.
Gli arazzi:
una sala del museo accoglie i preziosi arazzi voluti dal Venerabile Francesco Gonzaga per la sua cattedrale. Durante la sua permanenza a Parigi in veste di nunzio apostolico li fece realizzare su disegno di Henri Lerambert pittore della corte di Enrico IV. Gli arazzi, di grande formato, raffigurano gruppi di santi e episodi evangelici, attorniati da sontuose cornici in cui trovano posto scenette a monocromo di soggetti correlati con quello centrale, nonché lo stemma e l'impresa araldica del committente.
La devozione popolare:
vista attraverso ex-voto, stampe, tavolette dipinte e una serie di rarissime placchette a sbalzo del primo Seicento ricuperate nell’urna del patrono di Mantova Sant’Anselmo.
I dipinti di Giuseppe Bazzani:
la più ampia raccolta esistente di questo maestro del Settecento europeo, comprendente il suo capolavoro, il sogno di San Romualdo.
La pittura del Novecento:
documenta a un tempo gli orientamenti dell’arte mantovana e l’ispirazione religiosa di numerosi suoi esponenti. Tra le decine di opere spicca il consistente nucleo di Lanfranco, l’artista mantovano più apprezzato del secolo, la cui fama ha varcato da tempo i confini nazionali.